Intervista a… Stefano Bonsi, produttore e regista della compagnia amatoriale Tweet Charity

Intervista a… Stefano Bonsi, produttore e regista della compagnia amatoriale Tweet Charity

Stefano Bonsi è il fondatore della compagnia di musical “Tweet Charity“, una compagnia amatoriale davvero speciale che noi sosteniamo da sempre.

Qualche giorno fa ho deciso di intervistarlo per portare la testimonianza di qualcuno che, pur non facendolo di mestiere, il teatro ormai ce l’ha nel DNA.

Sono persone come lui e compagnie come la sua a rendere veramente speciale il mondo del teatro e per questo lo ringraziamo e invitiamo tutti voi a sostenere la loro realtà! ?

L’intervista trasuda passione da ogni singola parola, io stesso l’ho letta tutta d’un fiato, quindi vi auguro buona lettura! ☺️

Da dove è cominciato il tuo amore per il teatro?

Vi direi che il mio amore per il teatro sia nato “per caso”… ma mi sa che il caso non esista! 
Ero in quinta liceo, e nella mia scuola venivano organizzati abitualmente corsi creativi. In quell’anno, nello specifico, Graziana Borciani degli Oblivion teneva un corso di musical nella palestra della scuola. Io non mi ero mai interessato a nulla di tutto ciò, ma la sera del saggio, il fotografo dello spettacolo si ammalò. Mi ricordo ancora quando la preside mi chiamò per chiedermi di andare al Teatro Manzoni e sostituirlo.

Due ore dopo mi trovai in platea, seduto in prima fila, con la macchina fotografica in mano. Si trattava di uno spettacolo composto da quadri di musical famosi, passando da Grease arrivando a West Side Story. Il finale, però, fu “Seasons of love”, il famoso brano dello spettacolo Rent.

Fu una sorta di colpo di fulmine: una volta tornato a casa, cercai ogni cosa su quello show e diventai un vero e proprio appassionato di Rent e di musical in generale. In poco tempo mi appassionai anche al teatro, ed eccomi qui. Più che il fato, dovrei ringraziare Graziana! 😀

Stefano nel lontano 2008 con Francesca Taverni, la Maureen della prima produzione italiana del musical Rent

Consiglieresti di fare teatro?

Fin dagli 8 anni ho sempre amato esibirmi davanti agli amici dei miei genitori. Quando si incontravano a cena io prendevo un vecchio cilindro, un coniglio di pezza, un bastoncino spuntato e li chiamavo per il mio grande numero di magia. Il più delle volte finivano col sedere per terra, a ridere a crepapelle.

Ho fatto l’animatore per tanti anni e oltre a scrivere e organizzare le recite del centro, vi partecipavo anche. I genitori dei piccoli attori applaudivano dalle loro sedie di plastica bianche, e mi dicevano spesso che ero davvero portato. 

Onestamente, non ci facevo caso, anche perché nella vita di tutti i giorni ero timidissimo. Non parlavo quasi mai, non riuscivo a dire la mia in contesti sociali. Con gli anni ho capito, a forza di fare teatro amatoriale, che tutti quelli che avevo fatto fin da piccolo erano spettacoli. Nel salotto di casa mia, in un campetto da basket, senza luci o scenografie. Erano il mio personale palcoscenico.

È così che ho iniziato a seguire corsi di recitazione, canto, musical e regia: alla fine di quei percorsi avevo imparato un pezzetto in più di me. Oggi sono una persona socievole ed espansiva, e non lo sarei se non fosse per il teatro. 

È un’arte che consiglio a tutti indistintamente, perché è il riflesso di ciò che siamo. Un modo per conoscersi meglio e affrontare la vita sotto nuovi punti di vista!

Stefano in una delle sue prime performance attoriali (Spamalot, 2012)

Com’è nata la tua compagnia “Tweet Charity”?

La mia voglia di creare un gruppo teatrale nacque quasi dieci anni fa, quando per una serie di circostanze la mia amica Ilaria mi chiese di scrivere una forma concerto di “Elisabeth”, un musical austriaco davvero molto interessante. Il mio primo copione!

In seguito, mi venne chiesto di scrivere un secondo spettacolo, questa volta da zero, sulla vita di Maria Antonietta di Francia. In entrambi i casi vennero audizionati studenti appena usciti dalla BSMT di Bologna: scrivere testi per persone che avevano studiato professionalmente, e che puntavano a diventare professionisti, per me fu un grande stimolo.

Eppure, c’era qualcosa che mi frenava: lo sentivo un progetto valido, ma che non poteva funzionare con professionisti. Non ero un produttore, non potevo assicurare stipendi agli attori e il tempo dei ragazzi era giustamente limitato. L’unico modo per continuare su quella strada era affidarmi ad attori amatoriali.

Due anni dopo, insieme a Mauro Nieddu e Silvia Ghirardi Frilli, fondai il progetto “Tweet Charity”, aprendo audizioni ad attori dilettanti. L’idea era quella di formare una compagnia stabile di teatro e musical amatoriale, che potesse investire tempo ed energie in quei progetti, proprio come facevamo noi. Ci appoggiammo inizialmente all’Associazione Musica Interna di Bologna, e dopo due anni ne fondammo una nostra.

Da destra il presidente di DiverTeatro Daniel (io ?) e il maestro Mirko in uno dei primi spettacoli della compagnia (Vita a Corte, 2012)

Cosa stai facendo in questo momento?

Anche se i teatri hanno riaperto, siamo ancora in “pausa quarantena”. Preferiamo prenderci un po’ di tempo, in attesa che il pubblico trovi di nuovo il desiderio di tornare a teatro. Dopo un piccolo progetto estivo di cui ancora non posso parlare, riprenderemo le prove di “In Touch”. Si tratta di un musical irlandese scritto da Dougal Irvine che tratta di un futuro distopico in cui le persone sono costrette in quarantena a causa di condizioni ambientali, e si vedono solo attraverso la webcam – Ehi, aspettate! Questa trama non vi dice qualcosa? – Comunque, probabilmente verrà rimandato all’anno prossimo. 

Quello in cui vorremmo specializzarci – in un mondo di compagnie amatoriali che optano sempre per i grandi spettacoli mainstream – è il teatro Off: gli spettacoli di nicchia, quelli ricercati, scritti da persone giovani e non i grandi nomi dell’autoraggio Broadway.
Ci stiamo anche muovendo per progetti di prosa sperimentale e stringendo collaborazioni con altre realtà che spero davvero possano dare vita a qualcosa di nuovo e bello. 

Un lato fondamentale di Tweet Charity è la formazione: vogliamo che prima di tutto l’esperienza nella nostra compagnia offra ai ragazzi qualche base per crescere. Non siamo un corso, certo, ma collaboriamo spesso con professionisti e altre realtà che ci aiutano ad evolverci, individualmente e come gruppo!

Siamo un po’ una grande famiglia, sempre alla ricerca di nuove persone di talento che condividano le nostre passioni!

La compagnia Tweet Charity in una delle sue ultime produzioni (Placebo, 2019)

Un consiglio a chi vuole formare una compagnia amatoriale?

La grande difficoltà delle realtà amatoriali, a mio avviso, è il fatto di dover farle convivere con l’altra nostra metà, quella che durante il giorno va in ufficio e si guadagna da vivere, magari dietro una triste scrivania. Sembra una banalità, ma fare switch da un lavoro “ordinario” alla gestione di una realtà creativa non è affatto una passeggiata.
Prima di lanciarvi in questa impresa, fate una lista di pro e contro. Scrivete tutto quello che vi spingerebbe ad avviare un progetto del genere: l’amore per il teatro, la voglia di comunicare, un gruppo unito che si dia supporto a vicenda. Controbilanciateli poi con i punti negativi. Quali?

Beh, nuoterete tra centinaia di scartoffie, permessi, moduli da compilare e liberatorie: non si scappa, è inevitabile. Se non amate questo lato “noioso”, affidatevi ad un buon commercialista: vi aiuterà ad orientarvi in questo oceano oscuro!

Il tempo, soprattutto, è quello che vi mancherà. Vi ritroverete a dover scegliere, dopo otto ore di lavoro, tra la vostra Compagnia e la vita sociale. La vostra mente vagherà sempre lì, perché penserete continuamente a nuovi progetti da avviare, a modi per ravvivare quelli esistenti e a soluzioni per gli inevitabili problemi che nasceranno. Il mio consiglio, per questo, è di formare un buon team direttivo: un gruppo di persone affidabili che possano realmente prendersi un pezzetto di lavoro e portarlo avanti in autonomia.

Infine, la responsabilità del gruppo. Capirete che non siete tutti uguali: come in ogni realtà sociale, nelle compagnie c’è sempre chi trascina gli altri e chi si lascia trascinare, chi è poco partecipativo e chi mollerebbe il lavoro pur di aiutare il progetto. La convivenza di persone diverse all’interno di uno stesso nucleo è molto difficile: dovrete trovare un equilibrio, in modo che tutti la vivano come una bella esperienza, un passatempo piacevole. 
Molti verranno a confidarsi con voi. Dovrete risolvere crisi epocali e riportare spesso le persone sull’attenti, ma vi assicuro che la soddisfazione di vedere pian piano nascere “una famiglia” vi lascerà davvero di stucco.

Una volta superati gli ostacoli, vi rimane la gioia di questa grande avventura. Sarete felici di vederli scherzare dietro le quinte, delle serate al pub passate insieme, delle prove che si concludono con torte e biscotti fatti da qualcuno. Ma soprattutto, vivrete il palcoscenico: imparerete dai vostri errori e progetto dopo progetto crescerete, grazie alle emozioni vissute sul palco e i feedback che vi arriveranno dal pubblico. Non credersi “arrivati” è il punto fondamentale: spronate sempre la vostra compagnia a qualcosa di nuovo, e ne otterrete grandi soddisfazioni. 

È vero, forse non è un’impresa facile, ma rifarei questa scelta altri milioni di volte. Sono infinitamente orgoglioso di Tweet Charity e le belle persone che ne fanno parte: è l’“altra metà” che finalmente mi completa.

Selfie di gruppo della compagnia “Tweet Charity”

ASSOCIAZIONE TWEET CHARITY
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