Perché studiare la storia del teatro?

Perché studiare la storia del teatro?

Perché dovremmo studiare storia del teatro? Che cosa cambia a me, che sia io attore o spettatore, sapere quando è nato Shakespeare, nel momento in cui mi siedo in platea? Si parla spesso a scuola di come studiare la storia sia importante: “la storia è maestra”, “noi siamo la nostra storia”. Anche nel mondo del teatro, lo studio della storia ha una sua importanza. O meglio, ne ha più di una, tutte utili per capire cos’è il teatro e perché si fa così, come lo facciamo nel presente.

Il teatro rispecchia la mentalità del suo tempo

Il teatro come arte dell’accadere, del qui e dell’ora, è sempre riuscita a sopravvivere nel tempo. Questo perché è in grado, per natura, di farsi specchio della società in cui si manifesta.

Ad esempio, il teatro nasce in Grecia nel contesto di una celebrazione religiosa al dio Dioniso ma si afferma ad Atene nel V secolo come strumento per consolidare la nuova democrazia. Dopo la caduta dell’Impero Romano d’Occidente, nel Medioevo i teatri chiudono perché sottoposti alla censura della Chiesa. Così, in un’epoca dominata dal pensiero cristiano, tuttavia, in Europa lo spettacolo sopravvive proprio grazie alle “sacre rappresentazioni” (performance site-specific a tema sacro, create ad hoc nei luoghi di culto, ad esempio nelle piazze, nei sagrati o nelle chiese stesse), poiché ci si rende conto che si tratta di un grande strumento per educare i fedeli analfabeti alla catechesi.

Con il cambio della centralità del potere, che passa dalla Chiesa alle Corti, nel Cinquecento cominciano a costruirsi di nuovo teatri privati. In questi ambienti interni alle corti dei signorotti e dei nobili, che diventano anche mecenati,  nascono grandissimi autori di teatro come Niccolò Machiavelli e Ludovico Ariosto. Con l’affermarsi della Borghesia, invece, attorno al Settecento iniziano a costruirsi i primi teatri “pubblici”, perché il teatro diventi effettivamente un mestiere, un business, e alla portata di tutti. E invece, per quel che riguarda noi, cosa possiamo capire, d’altro canto, del nostro presente, osservando le forme di spettacolo che vanno più di moda oggi?

 

Studiare la storia del teatro ci rende migliori attori

I primissimi a dover comprendere da dove proviene il teatro,  dovrebbero essere coloro che oggi portano avanti quest’arte. Attori, registi, lavoratori dello spettacolo, assessori alla cultura, imprenditori culturali, progettisti… non è un caso che molte Accademie per attori abbiano inserito questa disciplina nel loro piano di studi.

Un esempio chiaro: una compagnia che vuole mettere in scena Antigone. L’opera, presa così come scritta da Sofocle nel 442 a.C. e portata nel contesto del presente, rischia di non avere senso. Una giovane donna che disobbedisce allo zio, il Re di Tebe, e questi la condanna a restare chiusa in una grotta per l’eternità. E questo perché lei ha scelto di seppellire il fratello, le cui esequie erano state esposte per rappresaglia, in quanto in vita si era ribellato al Re. Voi lo vedreste mai uno spettacolo così, oggi? Sembra palloso.

Tuttavia, la storia del teatro, cioè lo studio del contesto in cui l’opera è stata creata, rende quest’opera materia di un interessantissimo confronto. Non è un caso che molti autori abbiano ripreso la figura di Antigone anche nel Novecento. Ad esempio Brecht, drammaturgo tedesco e comunista vissuto nella Germania del Terzo Reich, trasforma Antigone in una partigiana, una dissidente contro il regime nazista, incarnando il conflitto eterno tra lealtà al proprio paese e coscienza intima e personale.  Studiare il contesto di un’opera aiuta perciò ad interpretare l’opera e, di conseguenza, con la rappresentazione di un personaggio, rendendoci così attori migliori.

Studiare la storia del teatro ci rende migliori spettatori

Se responsabilità degli artisti è quella di rendere le opere godibili nonostante siano esse antiche e fuori dal loro tempo, è invece responsabilità dello spettatore quello di essere coscienti del concetto di relativismo storico. Ad esempio, ne il Giulio Cesare di Shakespeare, ambientata nell’Antica Roma, menziona in una didascalia che “si sente battere un orologio”.

Ai tempi di Cesare, non esistevano gli orologi. Tuttavia, lo spettatore sa che al tempo di Shakespeare, esistevano. E nel Cinquecento le persone non ricevevano la stessa formazione che abbiamo oggi. Shakespeare era erudito per essere un uomo del suo tempo, tuttavia non era uno storico. Per esserci arrivata l’opera così com’è, senza che il dettaglio venisse corretto, probabilmente nessuno del suo pubblico (e notiamo bene, a vedere i suoi spettacoli non era solo gente del popolo, ma anche letterati, nobili e reali, perfino lo stesso Sovrano!), o della sua troupe, ha mai notato l’incoerenza.

Era forse un dettaglio che solo alcuni specifici studiosi potevano conoscere, oppure che agli inglesi del tempo non era affatto noto. Un errore del genere non verrebbe ammesso oggi da parte di un regista cinematografico che fa un film storico, ad esempio. Ma Shakespeare non aveva Google, né la conoscenza approfondita del passato che abbiamo oggi. Con i pochi mezzi che aveva, che il suo tempo aveva da offrirgli, ha fatto del suo meglio per creare una vicenda storica credibile e, a parer suo, “coerente” con la sua attualità. Infatti, in quegli anni (i primi del 1600) Elisabetta I si era rifiutata di nominare un successore, e il timore tra gli intellettuali di una guerra civile, come quella che avvenne dopo l’assassinio di Cesare, dilagava. Giulio Cesare nasce come ammonimento per la Regina, esortandola a evitare la strage nominando un erede.

Perciò, se da spettatori vi lamenterete dell’incoerenza storica di Giulio Cesare, non svaluterete Shakespeare come poeta. Tutt’al più, rischierete di fare la figura dei pessimi spettatori: questo perché non è Shakespeare che non ha studiato, siete voi!

Il teatro è parte del nostro patrimonio culturale

Studiare la storia del teatro significa approfondire un fenomeno culturale molto presente nelle culture del passato, e che hanno influenzato artisti di ogni genere. Questo è vero per ogni luogo, di ogni parte del mondo. Prendiamo però d’esempio l’Italia.

Quanto è presente la storia del teatro nel nostro patrimonio? Beh, moltissimo. Basta pensare al fatto che il simbolo più rappresentativo del nostro Paese è un edificio teatrale. Non un teatro, ma un anfiteatro: il Colosseo, luogo che l’Imperatore Flavio fece costruire per ospitare grandi spettacoli destinati al popolo di Roma.

Naumachie, lotte contro animali, lotte tra gladiatori…

Capire perché il Colosseo è tanto grande, tanto maestoso, necessita comprendere anche perché, a suo tempo, tutto quel sangue eccitava così tanto gli spettatori.

Ebbene, la ragione è piuttosto triste: la società romana, così come ogni società coloniale dopo di lei, si basava sulla differenza di status tra ricchi e poveri, patrizi e plebei. I patrizi beneficiavano direttamente della ricchezza dell’Impero, della sua grandezza. I plebei invece potevano giovarne solo attraverso queste gigantesche, sfarzose rappresentazioni. Queste davano loro prova della grandezza dell’Impero di cui facevano parte e orgoglio di appartenenza, volontà di fare la propria parte per poterlo vedere prosperare. Inoltre, in quelle rappresentazioni  venivano esibiti i “bottini” delle conquiste militari: far combattere uno schiavo gallo come gladiatore era la prova tangibile, per chi non lo aveva vissuta in prima persona, della conquista della Gallia.

Far combattere dei leoni era la prova della conquista di alcune province africane. Lo spettacolo entra a far parte di una “propaganda” per mantenere l’entusiasmo delle folle verso l’Impero, consolidare la loro fedeltà e il loro consenso. Il Colosseo è dunque sì un luogo teatrale, ma, se si studia attentamente la storia del teatro, può essere interpretato come un monumento non alla grandezza dell’Impero Romano, ma al potere e alla sua fragilità.

Questo è solo un esempio per invitare alla riflessione su l’approfondimento della storia del teatro può cambiare la nostra percezione dei simboli e dei pilastri della nostra cultura. Perciò che aspettate? È ora di tornare a studiare!

 

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