Addio, Peter Brook

Addio, Peter Brook

“Se un uomo attraversa uno spazio vuoto mentre un altro lo sta a guardare, ho già tutto ciò di cui c’è bisogno per iniziare un atto teatrale”.  Questa frase proviene dal libro di Peter Brook Lo spazio vuoto, pubblicato nel 1968. Oggi, Lo spazio vuoto viene considerato uno dei saggi teorici più importanti della storia del teatro contemporaneo. Il 2 luglio ci ha lasciati uno dei più importanti registi e teorici di spettacolo del Novecento. Ricordiamo insieme la sua carriera e il suo percorso di ricerca, per salutarlo a dovere!

Peter Brook e Shakespeare

Peter Brook nasce nel 1925 in Inghilterra da un padre di origine lettone. Da giovanissimo con la famiglia emigra in Francia per motivi politici e si laurea in Scienze alla Sorbona di Parigi. Nel frattempo viaggia molto e si avvicina al cinema e al teatro grazie alla famiglia molto acculturata. Quando torna in Inghilterra per proseguire gli studi a Oxford incontra Shakespeare. Peter Brook viene considerato uno dei più grandi studiosi di Shakespeare. Ha dimostrato come il teatro possa essere un mezzo per analizzare un testo prima di metterlo in scena.

Oltre ad i classici Amleto Re Lear, Brook mette in scena anche opere “minori” di Shakespeare che riscuotono grande successo… Re Giovanni, Racconto d’Inverno, Timone d’Atene… ma il primo spettacolo a dargli vera notorietà è Tito Andronico, che infatti viene fatto circuitare in tournée in tutta Europa, acclamando Brook come regista anche fuori dall’Inghilterra.

La direzione del Bouffes du Nord a Parigi e il Centre International de Créations Théâtrales

Nel 1974, dopo aver messo in scena numerose opere al Teatro Antoine di Parigi, Peter Brook assume la direzione artistica del Théâtre des Bouffes du Nord. Lo stesso anno, apre il Centre International de Créations Théâtrales, un vero e proprio centro di ricerca teatrale. Peter Brook torna infatti a viaggiare e porta la sua compagnia in Africa, in Medio Oriente e nelle Americhe, esplorando le forme di teatralità diffuse in quelle zone. L’esito di questo viaggio è uno spettacolo realizzato insieme a Jean-Claude Carrière, La conferenza degli uccelli, debuttata al Bouffes du Nord nel 1979. Altro esito importante, considerato oggi la summa del lavoro di Brook, è il Mahabharata: un’opera colossale, di durata ore 9, di quella che viene considerata l’ “Iliade hindu”. L’interesse di Brook, infatti, per anni si divide tra la messinscena di opere occidentali “classiche” e drammaturgie extra-occidentali.

La direzione artistica di Brook al Théâtre des Bouffes du Nord si conclude nel 2007 con lo spettacolo Sizwe Banzi is Dead di Athol Fugard. La scelta è molto rappresentativa: si tratta infatti di una drammaturgia sudafricana.

Peter Brook in Italia

Peter Brook porta in Italia diversi suoi spettacoli realizzati col Théâtre des Bouffes du Nord, l’ultimo dei quali Tierno Bokar nel 2005 a Napoli, e in seguito, dopo aver abbandonato la direzione artistica, The Suit nel 2012. Tuttavia, nel 2011 lavora con il Piccolo Teatro di Milano, realizzando lo spettacolo Un flauto magico, ispirato all’Opera di Mozart.

Negli ultimi anni della sua carriera, oltre all’esperienza milanese, Brook inizia a presentare alcuni debutti in Italia. Prima di tutti, il suo studio sul personaggio ispirato a Lo spopolatore di Beckett a Napoli nel 2013. Nel 2014, invece, anno della sua ultima messinscena, The valley of Astonishment, Brook programma una brevissima tournée che prevede poche tappe, di cui due in Italia: a Solomeo, un piccolo paesino nella provincia di Perugia, e a Pistoia. Le altre uniche tappe del tour, oltre Parigi, dove debutta, saranno Londra e New York.

La pedagogia di Brook

Peter Brook pone l’accento della sua regia sugli attori: considera il regista una semplice guida. Il compito del regista è infatti dare una forma agli impulsi più liberi dell’attore (che si esprimono spesso in forma di gesti). Secondo Brook tre erano le fasi più importanti dell’accadimento teatrale: la répétition (la ripetizione del gesto, cioè le prove), la représentation (la rappresentazione, rimarcando un’importanza particolare alla sera della prima) e l’assistance (l’assistere di un esterno).
Certo, il ruolo dell’attore è importante, ma Brook era convinto che non potesse esistere un teatro senza un pubblico coinvolto e reattivo: “se un uomo attraversa uno spazio vuoto mentre un altro lo sta a guardare” è la condizione base per ogni atto teatrale. La lezione di Brook è stata fondamentale perché ha rivalorizzato non solo il mestiere del teatrante, ma anche quello dello spettatore. E da spettatori, salutiamo con umiltà e gratitudine questo grande maestro che ci ha lasciati.

Addio, Peter Brook.

 

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3 thoughts on “Addio, Peter Brook

  • 25 Ottobre 2022 at 5:03
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    Da persona incolta è sempre piacevole leggere ed apprendere un minimo di conoscenze teatrale di cui siamo molto poveri

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    • 25 Ottobre 2022 at 20:47
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      Grazie Armando, è un piacere leggere le tue parole! Continua a seguirci e leggerci! ☺️

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  • 31 Ottobre 2022 at 21:47
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    Esempi leggendari di autori e registi che oggi non ci sono più, nel maharabatha, questa colossale forma di iliade hindu, recita il nostro Vittorio Mezzogiorno, ma di peter Brooke io ricordo anche Incontro con uomini straordinari su ilic Gurdjieff. Addio maestro

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